PG112/5, esterno. Foto: Fulvio Vigna

Gli avvenimenti in seguito all'armistizio dell'otto settembre 1943

 

Il Campo PG 112/1 di Torino Ponte Stura

Sedici prigionieri del Campo di Torino (inglesi, neozelandesi, scozzesi) furono soccorsi il giorno immediatamente successivo all’armistizio dal signor Mario Baldi, che abitava a circa cinque minuti dal campo. Li portò a casa sua dove li rifornì di abiti civili e poi, aiutato dall’amico Pierino, che faceva il carrettiere, li accompagnò in un bosco tra Baldissero Torinese e Cordova, e continuò a supportarli per mesi anche ricorrendo a collette tra amici e conoscenti. Nell’ottobre ’44, in seguito ad un’incursione delle Brigate Nere di Chieri, i fuggitivi si dispersero e vennero soccorsi da varie famiglie dei dintorni. Dalle famiglie dov’erano ospitati venivano trattati come fossero stati dei loro figlioli. Tra loro c’era anche Stefano, un russo che nel maggio 1944 venne ucciso, si pensa dai fascisti, sulla strada per Superga; riposa nel cimitero di Pavarolo. L’elenco di tutti i loro nomi venne distrutto dalla signora Baldi quando il marito fu costretto a fuggire perché ricercato dai fascisti di Torino.

 

Il Campo PG 112/2 di Venaria Reale - La Mandria (Cascina Peppinella) 

Alla caduta del fascismo, il 25 luglio, per ordine del proprietario venne issato il Tricolore; dopo l’8 settembre il campo fu sciolto e prigionieri e militari si sbandarono. Parte dei soldati cercarono di raggiungere le proprie case, altri andarono in montagna dove contribuirono a formare le prime bande partigiane; qualcuno rimase alla Peppinella, dove ebbe lavoro e protezione per tutto il periodo clandestino, fino alla fine delle ostilità. Carlo Peroncini, a quel tempo direttore della Tenuta, ricorda il nome di qualcuna delle guardie: Pietro Simeti, Arturo Gugliotta, Luigi Movia, Giacomo Antico.1

Dei prigionieri, diciassette riuscirono a raggiungere la Svizzera, diciassette la Francia e uno le linee alleate. <La maggior parte di essi, però, rimase alla Mandria per molto tempo e qualcuno fino alla liberazione. Aiutati dalla popolazione e dall’Amministrazione, si costruirono dei nascondigli nei boschi, scavandosi delle caverne e impiantando accampamenti con tende. Uno solo di essi volontariamente attardatosi in cascina fu catturato dai tedeschi in una sorpresa fatta nella cascina qualche giorno dopo lo scioglimento del campo. Il proprietario […] diede disposizioni affinché essi venissero assistiti e aiutati […]. Fu così che nella Mandria, nelle cascine e da parte dei dipendenti, i prigionieri inglesi trovarono alloggio e vitto, indumenti e soprattutto un tacito accordo fra la popolazione per un servizio di protezione e occultamento…>. Soldi e aiuti in natura furono forniti anche dal proprietario, il quale provvide altresì a far distribuire tra i prigionieri, i soldati del corpo di guardia e i civili tutta l’attrezzatura del campo sottraendola alle requisizioni tedesche. Le armi furono invece in parte distrutte in parte nascoste e nessuna cadde in mano tedesca o fascista.

I prigionieri erano sistemati a qualche centinaio di metri dalle cascine, ne frequentavano le famiglie, e quando pioveva pernottavano nei fienili delle stesse. <Ogni aiuto dato ai prigionieri rappresentava un grave pericolo per tutti i mandriani, dal proprietario ai dipendenti, ai mezzadri, agli affittuari>2. E quando il controllo tedesco e repubblicano si fece più opprimente e La Mandria fu colpita da denunce, minacce e rastrellamenti, i POW furono costretti in gran parte a cercare rifugi meno esposti in zone più defilate.

 

Il Campo PG 112/4 di Gassino (Castiglione Torinese)

L’otto settembre c’è stato l’armistizio: loro avevano paura, ma anche noi, perché eravamo rimasti senza ordini. – prosegue nei suoi ricordi Giulio Giordano – Il nove settembre sono ancora andato a Torino […]: sulla provinciale vedevamo dei camion tedeschi. Ci chiedevamo perché fossero ancora in Italia e non capivamo che stavano occupando il territorio. Quando siamo ritornati sapevamo già dello sbandamento dei militari, e telefonando al Comando di Torino il piantone ci informava che non c’era più nessuno dei comandanti. Cosa abbiamo fatto? Abbiamo aperto il campo: sono scappati loro e siamo scappati anche noi. Avevo avuto dei vestiti borghesi da gente di Gassino, sono salito sul tram e sono andato a Torino.3

I prigionieri, dal canto loro, si dispersero sul territorio e sulle colline circostanti (nei paesi di Castiglione Torinese, Berzano S. Pietro, Vernone, Avugliano, Marentino, ecc.), aiutati e soccorsi dalla gente del luogo finché le condizioni lo permisero, poi, ma non sempre, accompagnati presso le bande partigiane in montagna in direzione di Barge verso la Valle Po, in direzione delle Valli di Lanzo o del Canavese; oppure vennero accompagnati in Svizzera e, più tardi, in Francia. Ancora una volta, non si riesce a distinguere sempre nettamente fino a dove intervennero i semplici cittadini e dove subentrarono invece le organizzazioni (dei CLN, dei partigiani e quant’altro) o le forchette italiane al servizio degli Alleati (IS9, “A” Force, SOE, OSS, ecc.).

Attivo nell’accompagnare i fuggitivi presso i partigiani di Barge fu il tandem tra il capitano dottor Vezio Tomasinelli e il maggiore medico Enrico Berardinone dell’Ospedale Militare di Pinerolo, nonché Comandante dell’XI^ Divisione Garibaldina “Cuneo”.

 

Il Campo PG 112/5 di Castellamonte (frazione Spineto)

Ricorda questi cinquanta uomini il signor Carlo Guerra di Torino, sfollato al tempo a Spineto, dove abitava in prossimità del campo. Col consenso del comandante, il tenente Gatti, ogni tanto portava loro cestini di frutta e fiaschi di vino. Quando il campo si sciolse, dopo l’8 settembre, fu tra coloro che li soccorsero con cibo e abiti civili. Venne poi a sapere che tredici4 di essi erano stati rastrellati dai tedeschi e portati in Germania; inoltre, <correva voce che a Spineto un prigioniero fuggitivo fosse morto per malattia>.

Questo è quanto siamo riusciti a sapere della sorte dei cinquanta prigionieri di Spineto. Quanto al campo, esso venne saccheggiato. Il signor Paolo Crestetto, che ne 1943 era un bambino abitava a Spineto vicino al PG 112/5; da casa lo vedeva, e conserva il ricordo della gente quando, dopo l'8 settembre e dopo la fuga dei prigionieri e delle guardie, lo prese d'assalto alla ricerca di cibo e di coperte e di quanto potesse servire in quei momenti in cui si mancava di tutto.

 

Il Campo PG 112/9 di Beinasco

Testimonianza del cap. magg. Raffaele Ferraris 

Alla sera allo annuncio dell'armistizio da parte dell'Italia con gli Alleati potei finalmente lasciare liberi di circolare per il paese i P.G. Pochi uscirono, alcuni vollero che li accompagnassi a ringraziare il Signor Dalmetti per le cortesie usate verso di loro durante la prigionia e così, nuove e calorose accoglienze.

Una cosa di massima importanza è questa: dal mio comando non mi giunse mai nessun ordine, dopo la firma dell'armistizio, che riguardasse il trattamento dei P.G., anzi il S/Ten. Andreotti il giorno appresso chiese l'autorizzazione al nostro comando base di poter far uscire i P.G. accompagnati da soldati italiani disarmati, a fare una passeggiata. Seppi che dal comando ricevette l'ordine di farli uscire un paio d' ore al giorno ma null'altro.

L'unico fonogramma che mi pervenne dal comando fu quello che diceva che bisognava reagire ad ogni aggressione fattaci da parte tedesca, ma con solo 90 pallottole (avendone solo in dotazione ogni individuo15x6= 90), mi parve che a nulla sarebbe valso di farci trucidare subito dai tedeschi. Non solo l'ufficiale nostro mi diede ragione, ma così pure tutti i P.G.

Dei 50 P.G. che si trovavano in quel momento cinque vollero venire con me, agli altri 45 diedi loro istruzioni con carta geografica alla mano per poter raggiungere le frontiere della Svizzera o della Francia come era loro vivo desiderio. Seppi in seguito che diversi di questi furono perseguitati dai tedeschi e fascisti nei boschi di Stupinigi dove si erano nascosti momentaneamente e dove la popolazione di Beinasco, Borgaretto, Mirafiori, Stupinigi, portò loro vitto e biancheria per circa 20 giorni.

 

FONTI: 

Coda Claretta Helpers & POW I prigionieri di guerra alleati e i loro soccorritori italiani in provincia di Torino (e dintorni) Edizioni Corsac, 2016

http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/risorse/patrimonio-artistico-culturale-storico/dwd/biblioteca-storica/curiosita-digitalizzate/A_STRANGE_ALLIANCE_CLARETTA_CODA.pdf

Resoconto di Ferraris Raffaele (ISTORETO Fondo Borghetti: C FB 1b)

NOTE

PERONCINI P., in www.bertapiero.it/garibaldi/la%20mandria.htm.

Ibidem.

Istituto Tecnico Statale Commerciale e Professionale per il Turismo”L.B. Alberti” Luserna San Giovanni e Torre Pellice, I Partigiani in cattedra. Testimonianze di protagonisti, www.portalebf.it/partig/quaderni/quad6a_resist.pdf, pg.39. Giulio Giordano si unì alla Squadra Bricherasio, che raggiungerà in un secondo tempo i partigiani della Val Pellice.

Diciotto risultano prigionieri in Germania, Austria o Polonia TNA WO 392/11.

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